A fine aprile ho fatto un bellissimo viaggio nel sud-est asiatico, in Cambogia, con una breve tappa in Thailandia. È stato un viaggio che ha messo a dura prova il mio percorso plastic free ma soprattutto mi ha fatto riflettere sulla situazione utilizzo e smaltimento della plastica in questa parte del mondo.
Durante il mio viaggio ho visto bambini aprire sacchetti di caramelle e gettare le buste in mare come se fosse un gesto normale. Ho visto tanta plastica abbandonata sui bordi delle strade, nei fiumi. Ho visto fuochi appiccati un po’ ovunque dove si bruciavano rifiuti di plastica. Ho visto spiagge bellissime invase da cannucce, bottigliette, sacchetti, accendini di plastica. Ma ho visto anche strutture ricettive che hanno installato i boccioni dell’acqua dove è possibile riempire la propria borraccia, bar e ristoranti che utilizzano cannucce di bamboo o di acciaio, distributori d’acqua filtrata che iniziano a diffondersi nelle città, nelle stazioni dei treni, negli aeroporti.

Circa il 60% della plastica che inquina gli oceani, infatti, arriva da soli cinque Paesi, tutti asiatici: Cina, Filippine, Thailandia, Indonesia e Vietnam. Il motivo principale per cui questi Paesi sono diventati i principali inquinatori di plastica è la loro rapida crescita economica e il conseguente aumento dei consumi e dei rifiuti. Purtroppo questo sviluppo economico non è andato di pari passo con l’introduzione di norme e politiche per la tutela dell’ambiente con il risultato che l’Asia è il continente che più di tutti si trova al centro di un’emergenza ambientale a causa della plastica.
Nella maggior parte di questi paesi i sistemi di recupero e riciclo dei rifiuti plastici sono praticamente inesistenti e le persone purtroppo non hanno ancora consapevolezza del problema.

Chi viaggia consuma più plastica
Viaggiare di per sé non è un’attività ecologica e normalmente il consumo di plastica usa e getta nei viaggi è alto: bottigliette d’acqua, bicchieri e posate nei take away, sacchetti per gli acquisti.
Viaggiare in Asia ed evitare il consumo di plastica è ancora più complicato: si tratta di paesi, dove l’acqua del rubinetto non è potabile e dove lo street food è tra i migliori del mondo.
Non è stato facile evitare la plastica nel mio viaggio, ma con un po’ di organizzazione e qualche accortezza sono riuscita a limitarne l’uso.
Viaggiare plastic free è possibile
Prima di partire avevo cercato online un po’ di informazioni sulla situazione plastica in Cambogia e su come potevo evitarla in un Paese dove sapevo lo smaltimento e il riciclo fossero problematici. Nelle mie ricerche sono approdata al profilo di Plastic Free Southeast Asia, un bellissimo progetto che ha l’obiettivo di dare a chi aderisce (principalmente strutture commerciali e ricettive) informazioni e strumenti per ridurre o eliminare la plastica nelle varie attività.
Mi sono scambiata qualche messaggio con Sarah, la sua fondatrice, un’australiana che vive da diversi anni a Siem Reap, che mi ha dato qualche consiglio utile e una buona dose di incoraggiamento per rendere il mio viaggio il più plastic free possibile. Grazie a lei, ad esempio, ho scoperto Refill my bottle, una comoda app per mobile che, in base alla tua posizione GPS, individua la stazione di ricarica dell’acqua più vicina. Si va con la propria borraccia o bottiglia e si riempie d’acqua gratuitamente o pagando un costo minimo.


Ho fatto quindi tesoro dei consigli di Sarah e sono partita con due borracce (che sono riuscita a riempire spesso), un paio di borse di tela che portavo sempre con me, oltre ovviamente al mio beauty senza plastica (non uso più i prodotti di cortesia degli hotel).
Se hai visitato l’Asia sai benissimo che in alcuni Paesi l’uso delle cannucce è a livelli assurdi (ho visto asiatici bere l’acqua da una bottiglietta di plastica con la cannuccia!!). I primi due giorni la cannuccia arrivava in automatico con qualsiasi bevanda. Fortunatamente “No straw please” è diventata velocemente la frase di chiusura di ogni ordine. La stessa cosa quando acquistavo qualcosa nei negozi, nei mercati. O mostravo subito la mia borsina di tela al venditore, oppure prima di concludere l’acquisto un “No bag please” accompagnato da un sorriso mi permettevano di andarmene via serenamente.
La responsabilità del turismo

Un giorno, mentre facevo le mie ricerche in preparazione del viaggio, mi è capitato di leggere un post di Sarah che mi ha fatto riflettere su qualcosa a cui non avevo mai pensato molto seriamente: la responsabilità del turismo nel diffondere la plastica nei paesi meno sviluppati.
Numeri alla mano, Sarah racconta di come l’inquinamento da plastica sia esploso da quando il Paese si è aperto al turismo. Nel 1993 i visitatori internazionali in Cambogia erano 118.183. Nel 2017 sono stati 5.603.157. Un aumento esponenziale in un paese così piccolo e in così poco tempo. Questo incremento massiccio e repentino ha avuto delle conseguenze sotto diversi aspetti e uno di questi, come si può ben immaginare, è il consumo di plastica usa e getta. Sarah racconta che negli anni ’90 c’era pochissima plastica in Cambogia. Il cibo era servito in piatti di ceramica e lo street food veniva messo in foglie di loto o di banano (che recentemente stanno tornando ad essere usate ad esempio in alcuni supermercati in Thailandia): una volta finito il pasto, si gettavano le foglie dove capitava, senza ovviamente creare danni permanenti all’ambiente. Ora, il comportamento non è cambiato solo che le foglie sono state sostituite dalla plastica.
La plastica si è diffusa, quindi, in parte anche a causa del turismo. Con l’arrivo dei turisti è arrivata anche la necessità di avere ad esempio acqua potabile sicura. Ecco che sono arrivate le bottiglie d’acqua di plastica. E se noi beviamo acqua fresca e sicura dalle bottiglie di plastica, anche la gente del posto vuole farlo. Così iniziano anche loro a usare le bottigliette.
Il turismo è uno dei punti di contatto tra varie culture e ha quindi una grande responsabilità, non dimentichiamolo.
What are you doing to save the world?
Bisognerebbe sempre chiedersi dove va a finire la plastica che gettiamo, e dovremmo farlo soprattutto quando usciamo dal nostro Paese, quando viaggiamo all’estero, in Paesi dove non sappiamo quale sia la situazione smaltimento e riciclo dei rifiuti plastici.
In Italia ad esempio siamo molto bravi nel differenziare e riciclare (l’Italia è primo Paese in Europa per riciclo di plastica rigida); ma fuori dall’Italia, cosa succede? Sappiamo qual è la situazione?
Non è necessario andare lontano, come ho fatto io; il problema dello smaltimento e del riciclo dei rifiuti plastici riguarda posti anche molto vicino a noi. Lo so che è molto difficile pensare a queste cose mentre magari sei in completo relax su una splendida spiaggia a Ferragosto, ma ti sei mai chiesto se effettivamente la bottiglietta di plastica che hai appena buttato nel bidone della spazzatura verrà separata e riciclata come a casa tua?
Mi viene in mente la storia di Martina, una ragazza svizzera che l’estate scorsa alla fine della sua vacanza in Grecia ha portato a casa tutti i rifiuti in plastica perché in Svizzera sarebbero stati smaltiti e riciclati meglio.
Senza arrivare a gesti estremi come questo credo che ognuno nel proprio piccolo possa e debba fare qualcosa. Bisognerebbe sempre chiedersi “What are you doing to save the world“?

Fonti:
– Who are the real plastic polluters? Asia Vs the West (and what you can do about it?), by Sarah Rodes, plasticfreecambodia.com
Grazie per quello che hai scritto, tante volte a questi risvolti non pensiamo. A Febbraio partiamo in gruppo per un tour in Cambogia e ci doteremo tutti di contenitori appositi da riempire.
Grazie ancora.
Grazie a te per il riscontro Piergiorgio, sapere di avervi ispirato mi rende felice 🙂 Il vostro gesto è davvero lodevole, un esempio da seguire. La Cambogia è meravigliosa, vi auguro un buon viaggio!